la sincerità è pace fra i nostri desideri e le nostre azioni

“E’ interessante osservare che il termine “sincero” deriva dal latino “sine-cera”, cioé senza cera, con riferimento allo scultore che non usava la cera per mascherare i difetti delle proprie opere.
Quindi sincero è chi non nasconde nulla, per cui non ha nulla da temere.

cuore-cervello-paceIl ché non è poca cosa, poiché come osserva Edmund Burke: “Nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura”.

Ma l’unico modo per non nascondere nulla è non avere nulla da nascondere.

Mi emoziona sempre, rivedendo il film di Gandhi, la scena in cui lui -ancora in Sudafrica- nel teatro stracolmo per l’assemblea contro la legge ingiusta sui lasciapassare, si rivolge alle forze di polizia inglesi presenti nella sala dicendo loro: “Noi non abbiamo nulla da nascondere”.

Chi coltiva in cuor suo questa purezza di intenti non può sbagliare!
Non può sbagliare semplicemente perché c’è in lui coerenza fra ciò che desidera e le azioni che mette in campo per ottenerlo. Quindi non ha spazi interiori di distrazione che possano permettere lo sbaglio.

Mentre invece lasciandosi guidare sinceramente dal suo desiderio è nella condizione migliore per “errare”, cioè, come detto, per conoscere mediante l’esplorazione e l’esperienza diretta.”

sbagliare è umano, errare è divino

charlie brown“Nel linguaggio comune sbagliare ed errare sono normalmente utilizzati come sinonimi. Invece c’è una profonda differenza fra di essi, che è bene indagare.

Secondo la sua definizione etimologica lo sbaglio é la funesta conseguenza della mancanza di attenzione, ovvero della offuscazione della vista prodotta da qualcosa che attrae l’attenzione e fa prendere una cosa per un’altra (da latino “varius” che significa cangiante, abbagliante).
(…)
Sbagliare dunque, per come lo intendo in questo testo, potremmo tradurlo con “distrarsi”, “non prestare attenzione”. Che è qualcosa di assolutamente umano. Ma certo non aiuta ad imparare alcunché.

Errare invece significa andare vagando, senza sapere dove, senza consiglio, da cui i termini errante ed errabondo, ovvero colui che vaga qua e là in luoghi diversi. (…) Questo é un modo naturale ed efficace – caratteristico in particolare dell’infanzia- che ci fa conoscere mediante l’esplorazione e l’esperienza diretta.

Come sosteneva Gandhi: “Un genitore saggio permette al figlio di fare degli errori. E’ un bene, per loro, che di tanto in tanto si brucino le dita.”
Quindi anche il Mahatma non considerava l’errare uno sbaglio, ma una salutare esplorazione!”